8 marzo Festa della Donna: ecco la storia di Ada Lovelace, la donna che immaginò il potere del computer

8 marzo Festa della Donna: ecco la storia di Ada Lovelace, la donna che immaginò il potere del computer

Oggi, 8 marzo, vogliamo raccontare la storia di quella che possiamo considerare la “prima donna dell’informatica”: Ada Lovelace, colei che per prima immaginò quale potere potesse avere un computer

Ada Lovelace (vero nome Augusta Ada Byron) nasce a Londra il 10 dicembre 1815 dalla matematica inglese Anne Isabella Milbanke e dal poeta Lord Byron, che abbandonerà la famiglia quando Ada non aveva ancora un anno.

Cresciuta con accanto solo la figura materna, fin da bambina fu istruita in matematica e scienze da importanti figure del settore quali William Fend, William King e Mary Somerville. Proprio la Somerville incoraggiò la giovane Ada allo studio delle scienze matematiche, fino a portare i suoi studi a livelli più avanzati di algebra, logica ed analisi, seguita dal professor Augustus De Morgan, docente presso l’Università di Londra.

Il 5 giugno 1833, ad un ricevimento tenuto dalla sua insegnate, Mary Somerville, Ada Byron incontra Cherles Babbage, professore presso di matematica all’Università di Cambridge e inventore della macchina differenziale, cioè una macchina che svolgeva dei calcoli presenti nelle tabelle matematiche.

Da questo incontro nasce una lunga collaborazione: Ada inizia a studiare i metodi di calcolo realizzabili con la macchina differenziale e la macchina analitica. Babbage, colpito dall'intelligenza della Byron, e dalla sua abilità, arriva a darle il soprannome “Incantatrice dei numeri”.

Nel 1835 Ada si sposa con William King-Noel, conte di Lovelace, prendendo ufficialmente il nome con il quale viene tutt’ora riconosciuta: Ada Lovelace.

Intanto Babbage diviene suo maestro e mentore e insieme iniziano una proficua collaborazione documentata in articoli e appunti. Proprio in uno di questi appunti Ada Lovelace fa delle riflessioni molto lungimiranti su quali lavori potrebbe fare la macchina in futuro e in quali compiti potrebbe sostituire l’uomo, immaginando quella che è oggi la nostra intelligenza artificiale.

Nel 1940 Babbage viene invitato dall’Università di Torino al secondo Congresso degli scienziati italiani dove incontra Luigi Federico Menabrea, un ingegnere e matematico che diverrà poi primo ministro del Regno d’Italia, che si dedicò a una descrizione del progetto di Babbage pubblicato poi col titolo Notions sur la machine analytique de Charles Babbage nell'ottobre del 1842.

Dopo quell’incontro Babbage chiese ad Ada Lovelace di tradurre in inglese il saggio di Menabrea e di aggiungere eventuali note. Durante un periodo di nove mesi, tra il 1842 e il 1843, Ada si occupò di tradurre e commentare tale materiale, che in seguito fu pubblicato su The Ladies Diary e Scientific Memoirs di Taylor sotto le iniziali A.A.L.. Il lavoro della Byron fu talmente accurato che il testo di Menabrea si ampliò, dalle venti pagine originali, a circa cinquanta, in virtù delle note aggiunte dalla curatrice.

Da quella sua traduzione Alan Turing, il celebre matematico inglese, prenderà l’ispirazione necessaria per costruire il primo computer.

Questi appunti furono poi analizzati nel 1953, più di cento anni dopo la loro stesura, e vennero riconosciuti come la prima descrizione di un computer dotato di software. Le sue note infatti furono identificate alfabeticamente dalla A alla G. Nella nota G, Ada descrive un algoritmo per la macchina analitica per calcolare i numeri di Bernoulli (cioè serie di numeri calcolate da un matematico svizzero, che sembrano molto complicate ma in realtà servono a risolvere problemi ancora più complicati), che oggi viene generalmente riconosciuto come il primo programma informatico della storia, motivo per il quale è considerata da molti come la prima programmatrice della storia dei computer.

Ada Lovelace morì il 27 novembre 1852, all’età di 36 anni, a causa di un cancro uterino.

Nel 1979 il Dipartimento della Difesa USA chiamò il suo linguaggio di programmazione ADA, in suo onore.

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